Ставки на спорт как финансовые инвестиции

Storia: Freddie Mercury, Bohemian Rhapsody, La Band dei Queen

Очередной выпуск моего авторского Блога. 
L’incontro Con La Band, La Generosità di Freddie Mercury, L’ascesa Dopo Bohemian Rhapsody

Блог #46 | L’incontro Con La Band dei Queen

 

Блог #46. Interessante foto di Freddie Mercury. Foto от MatchFixingBet.Ru

 

E POI NULLA
È STATO
COME PRIMA

 

L’INCONTRO CON LA BAND, LA GENEROSITÀ
DI FREDDIE MERCURY, L’ASCESA DOPO BOHEMIAN RHAPSODY.

IL FOTOGRAFO CHE HA VISSUTO A FIANCO DEI QUEEN
E A NOI RACCONTA I DIETRO LE QUINTE DI QUEGLI ANNI PAZZESCHI
ORA LI CELEBRA CON UNA MOSTRA.

di GERMANO D’ACQUISTO
foto PETER HINCE

 

Che cosa ama mangiare una leggenda?
Quante ore dorme? Che cosa guarda alla tv? Riportare
sul pianeta Terra chi è abituato alla stratosfera è opera-
zione affascinante e complessa. Perché può essere svolta
solo da chi ha avuto il privilegio di vivergli accanto. Peter
Hince è uno di questi: per dodici anni è stato l’ombra dei
Queen. Ha vissuto a fianco di Brian May, Roger Taylor,
John Deacon e soprattutto di Freddie Mercury. Ha assi-
stito alla nascita, nota dopo nota, di Bohemian Rhapsody,
ha respirato l’aria pesante dello studio di registrazione di
A Night at the Opera, ha sfiorato la mitica canottiera bian-
ca che Freddie indossava durante il Live Aid. Ratty, così
era chiamato Hince, è stato dal 1975 al 1986 road manager
della più grande band della storia del rock. Ma è stato
anche un ottimo fotografo: la mostra Queen Experience
| Peter Hince, negli Archivi di Stato di Torino dal 6 aprile
al 16 luglio, illustra l’epopea del gruppo inglese attraverso
60 scatti e centinaia di memorabilia e documenti origina-
li (come l’asta del microfono di Mercury o i costumi del
video di Radio Gaga). Hince conosce qualche parola
di italiano, lo stretto indispensabile. Ma quando c’è da
raccontare i Queen, sceglie la sua lingua madre.

Perché ha scelto di lavorare come roadie per una rock
band?

«Perché ero giovane, non avevo abbastanza talento per
diventare un calciatore o una rockstar. Ed era meglio che
lavorare in fabbrica».

Com’era la sua giornata tipo?

 

Блог #46. Alcune foto del gruppo musicale Queen. Foto от MatchFixingBet.Ru

 

«Dipende se eravamo in tour o in studio a Londra. Ogni
giorno era diverso dall’altro: in tournée mi trasformavo
in una sorta di maggiordomo inglese. Il mio compito era
quello di seguire soprattutto Freddie e John come un’om-
bra fino in camerino. Dovevo occuparmi del pianoforte
e della chitarra, sistemare gli amplificatori, preparare i
drink e gli asciugamani, organizzare i costumi di scena».

Ricorda la prima volta che ha incontrato Freddie
Mercury e gli altri membri della band?

«Certo, era il 1973. Avevo finito di lavorare con David
Bowie. Era l’epoca di Ziggy Stardust. Il mio ingegnere del
suono aveva aperto una società che collaborava con artisti
come Lou Reed, David Hall, Iggy Pop. Ricordo che con i
Mott the Hoople stavamo facendo un tour in Inghilterra
e i Queen erano il gruppo di supporto. Du-
rante le prove, era novembre e faceva un
freddo cane, i quattro si presentarono in
studio vestiti di raso e seta. Freddie correva
su e giù come se fosse davanti al pubblico.
Nessuno aveva mai sentito parlare di loro.
A un tratto mi sono chiesto: “Ma da quale
pianeta arrivano?”. Si capiva che avevano
una grande autostima: erano certi che pri-
ma o poi sarebbero diventati grandi».

C’è ancora quello studio di registrazione?

«No, oggi c’è un supermarket. Era un ex
cinema che Emerson, Lake and Palmer
acquistarono per trasformarlo in studio di
registrazione. Ci hanno suonato dai Led
Zeppelin a Paul McCartney con i Wings,
ai Roxy Music. Quando ci sono entrato re-
centemente ho cercato di individuare il punto in cui ave-
vo incontrato per la prima volta Freddie».

E lo ha trovato?

«Sì, era all’altezza dello scaffale dei surgelati, ma sono
certo che Freddie avrebbe preferito fosse nel corner dello
champagne...». (ride)

Da quel novembre del ’73 sono passati 50 anni. Lei però
ha iniziato a collaborare con loro due anni più tardi.

«Sì, durante la lavorazione di A Night at the Opera».

Ricorda qualche aneddoto di quel periodo?

 

Блог #46. I disegni di Freddie Mercury. Foto от MatchFixingBet.Ru

 

«Mi sembrava tutto assurdo. Ognuno registrava in uno
studio diverso. In uno c’era Freddie che provava la vo-
ce, in un altro Brian con la chitarra, in un altro ancora
Roger e John al mix... Il disco non era ancora finito e già
si parlava del tour, c’era un’energia incredibile. Ricordo
che quando riuscii ad ascoltare per la prima volta alcune
note di Bohemian Rhapsody pensavo fossero l’intro del
loro live. Quando poi l’abbiamo ascoltato tutti insieme mi
sono detto: “Ok. Non è affatto male. E poi mi pagano 40
sterline a settimana. Vediamo quanto durerà…”».

È durata oltre dieci anni.

«Sì. Bohemian Rhapsody finì al primo posto della hit
parade inglese e il tour era sempre sold out. Dopo quel
disco, i Queen ascesero a un livello diverso. Nulla per
loro, e per me, sarebbe più stato come prima».

Che cosa li rendeva così speciali?

«Una combinazione di fattori. Erano grandi lavoratori,
si mettevano in gioco tutti i giorni. Ripetevano come un
mantra: “Più lavori duro, più fortuna attrai”. La loro era una
chimica particolarissima: insieme erano complementari
funzionavano alla perfezione. A volte li vedevi litigare ma
era sempre perché volevano raggiungere il massimo. Non
si accontentavano mai. Mi hanno insegnato molto, soprat-
tutto a credere in me stesso».

Che tipo era Freddie Mercury?

«C’erano due Freddie: l’animale da palcoscenico con una
voce incredibile e l’altro più privato, timido, uno che non
amava stare troppo in mezzo alla gente e non disdegnava
passare la serata davanti alla tv. A volte poteva sembrare
quasi scortese: ma quando sei così famoso e hai tutto quel
successo, la pressione rischia di diventare insostenibile».

Qual era il suo più grande pregio meno conosciuto?

«Era molto generoso, in particolare con il suo tempo che
regalava a chiunque. Era sempre ottimista e incoraggiava
tutti a migliorare. Soprattutto John Deacon, che spronava
continuamente a scrivere testi».

Qual è stata invece la più grande falsità raccontata sul suo
conto?

«Certe notizie pubblicate sui tabloid sull’uso di droghe e
sulla sua vita dissoluta. Si è esagerato. Certo nel corso del-
la sua vita si è divertito. Ma molto è stato sovrastimato».

È vero che Freddie era un asso del ping pong?

«Sì, è vero. Amava tennis e ping pong. Era un tipo compe-
titivo e voleva vincere sempre. Ricordo che al Musicland
studio di Monaco di Baviera avevamo un tavolo da ping
pong in corridoio. Una volta si avvicinò e mi disse: “Ti
sfido giocando con la mano sinistra. Tanto ti batto anche
così”. Era incredibile. Per lo Scarabeo, poi, aveva una ve-
ra ossessione. Un giorno arrivò addirittura in ritardo al
soundcheck per una partita».

Chi era il suo cantante preferito?

 

Блог #46. Freddie Mercury - leader dei Queen. Foto от MatchFixingBet.Ru

 

«Adorava la voce di Aretha Franklin. Somebody to Love
in fondo era un tributo a lei. Come musicista a tutto tondo
aveva una passione per John Lennon e per Jimi Hendrix».

Live Aid, nel 1985, è stato un momento determinante
nella carriera dei Queen. Che ricordi ha di quel giorno?

«All’inizio i Queen non ci volevano andare. Ma Bob Gel-
dof insistette così tanto che alla fine li convinse. Freddie e
gli altri studiarono la scaletta nel minimo dettaglio. Non
potevano contare su effetti speciali, così puntarono tutto
sul talento. La loro performance fu allestita in 20 minuti.
Ma divenne leggendaria».

Che cosa le ha lasciato l’esperienza con i Queen?

«Mi porto dietro tante cose: dai viaggi con la band da
Londra a Monaco all’essere stato accanto a Freddie men-
tre scriveva Crazy Little Thing Called Love. L’ultima volta
che l’ho visto è stato un anno prima che morisse. Eravamo
al party dei 20 anni dei Queen. Io ero con John Deacon
e sua moglie. Freddie a un tratto mi vede e mi raggiunge
stringendomi in un abbraccio fortissimo».

C’è un sogno che Freddie non è riuscito a realizzare?

«Difficile rispondere. So che quando iniziò a lavorare da
solista collaborando con Montserrat Caballé era molto
felice. Probabilmente avrebbe voluto continuare questo
percorso. Penso volesse pubblicare un album solo con
voce e pianoforte. Se ci fosse riuscito, sarebbe stato un
capolavoro».

Проект Fixed Matches Betting

© 2015 - This is a consulting website by Ruslan Bekhterev